Uno spazio narrativo per raccontare i punti di vista, le suggestioni, le riflessioni sul continente africano, visto da dentro, dalla voce di chi è stato in Africa, ma anche da fuori, dall’Italia e dalla tanta “africanità” che in essa vive. Un'Africa che vive a sud del Sahara, ma che incontriamo anche sulle nostre strade, nelle nostre città. Un'Africa che, consapevoli o meno, ogni giorno incrocia le nostre vite.

mercoledì 12 marzo 2014

"Dire, Fare, Baciare": esce oggi il nuovo libro di Elasti per le ragazze... anche quelle di AMREF

"Ci sono paesi, nell'Africa subsahariana, dove le ragazzine, quando hanno la prima mestruazione, smettono di andare a scuola. Perché gli assorbenti sono merce rara e costosa e, se una settimana ogni mese bisogna rinchiudersi in casa, l'istruzione perde senso e convenienza. Ci sono paesi in cui, a dodici anni, si può restare incinta e in cui bambine che partoriscono altri bambini sono la normalità. Perché, in quei paesi, fare figli è l'unico destino possibile per le donne. E iniziare presto è la regola. Ci sono paesi in cui di parto si muore troppo spesso. Perché mancano le ostetriche, gli ospedali, la consapevolezza. Ci sono paesi in cui la contraccezione non è praticata perché nessuno la insegna, perché c'è chi è contrario, perché i maschi comandano e raramente ci pensano. Lì, ancora più che altrove, il futuro dipende dalle donne, dalla loro istruzione e dalla loro emancipazione. Lì, educare una ragazzina è un atto rivoluzionario che può cambiare il mondo. Per tutto questo, e non solo, parte dei proventi della vendita di questo libro andranno ai programmi di salute materno-infantile di Amref che, da oltre cinquant'anni, si occupa di sviluppo socio-sanitario in Africa".

Sono le parole che Elasti scrive nella postfazione del suo nuovo libro, "Dire, Fare Baciare. Istruzioni per ragazze alla conquista del mondo", da oggi in libreria. Il libro raccoglie quattordici pezzi che parlano di giovani donne e di visione del mondo, corpo, madre, fidanzati, lavoro, violenza, amicizia, maschi: risultato di numerose interviste a ragazzine adolescenti rielaborate e assemblate in un mosaico narrativo. Partendo da aneddoti, esperienze, storie piccole e grandi, lo sguardo di Elasti si allarga a una riflessione più ampia e generale, fino a comprendere le proprie esperienze e i propri ricordi. Ricordi che includono anche quello del viaggio che Elasti ha fatto con AMREF in Uganda, dove ha incontrato molte donne, anche giovani, e dove ha tratto ispirazione per il suo racconto dedicato alla campagna "Stand Up for African Mothers". Ad AMREF e ai suoi progetti per la salute materno-infantile, Elasti dedica parte dei proventi del suo nuovo libro.
A Elasti, alla sensibilità con la quale sa raccontare le pesanti difficoltà del mondo in cui operiamo e l'entusiasmo che ci mettiamo, va il nostro sentito ringraziamento.

Elasti con le ragazze della scuola secondaria femminile di Kitgum, in Nord Uganda

venerdì 28 febbraio 2014

Emergenza Sud Sudan: le nostre scuole a Maridi, laboratori di pace e sviluppo

A causa della nuova guerra civile in atto, la crisi umanitaria in Sud Sudan è gravissima. Attraverso l'intervento di team chirurgici dei Flying Doctors, AMREF sta provvedendo all'emergenza immediata - la mancanza di medici specialisti e di attrezzature per curare migliaia di feriti e di sfollati - ma al contempo, attraverso le sue scuole, continua a rispondere all'emergenza cronica: il profondo divario tra il bisogno e la disponibilità di cure e personale sanitario. Tommy Simmons, direttore di AMREF Italia, racconta.
 
Maridi, Sud Sudan, 25 febbraio 2014

Rispetto al Sud Sudan estremo del conflitto, Maridi, cittadina a 180 chilometri ad ovest della capitale Juba, è l’altro versante della madaglia: è un’oasi di pace. Da qui la guerra, le paure per i suoi sviluppi, le tensioni, non paiono esistere.

Chi vi abita e vi lavora sa che più a est e a nord, per motivi politici, forse etnici o economici, e a volte per opportunismo da sciacalli, si combatte e la gente fugge dalla brutalità anche più estrema. Chi sta a Maridi sa che in questo paese di circa dodici milioni di abitanti quasi un milione di persone sono state costrette a lasciare le proprie case, che migliaia di altre sono morte vicino alle loro case, e sa che il paese sta affrontando una crisi che mai si sarebbe immaginato una manciata di anni fa, quando ufficialmente è nato sulle ceneri di decenni di conflitto col Sudan a nord da qui. Ma chi sta a Maridi stenta ad immaginare quanto conosce.

Nelle strade, nei mercati, nelle scuole la vita procede normale. Gli alberi di mango sono stracarichi di frutti ancora acerbi e la preoccupazione dei bambini è la breve, per loro lunga, attesa fino a quando non matureranno, regalando a tutti una stagione di frutti più che sufficienti per tutti e parecchia gioia.

Nelle scuole di AMREF che siamo venuti a visitare tutto procede regolarmente, seppure l’avvio delle lezioni è stato rimandato per permettere il rientro, dai vari angoli del paese in subbuglio, di studenti e docenti.

Nel National Health Training Institute, dove vengono formati assistenti medici ed ostetriche, mi ha molto colpito vedere seduti ai loro banchi studenti e studentesse con le uniformi pulite e stirate, i quaderni e i libri di testo aperti, i docenti in piedi alla lavagna. Qualcuno ancora non è arrivato, però la maggioranza è qui, a costruire il proprio futuro e quello del paese nonostante le avversità estreme in un altrove molto vicino. Alla scuola sono rientrati studenti di ogni angolo del paese, e qui convivono, come dovrebbero, etnie che in quell'altrove si combattono.


Anche l’unico liceo scientifico femminile del Sud Sudan, aperto 14 mesi fa, ha ripreso le attività e tutte le ragazze che hanno completato il primo anno di corso sono rientrate – una gran bella notizia, perché il rischio di perderne qualcuna per strada c’è sempre. Tra dieci giorni arriveranno anche le ragazze che frequenteranno il primo anno della scuola, e il numero di allieve da seguire e tutelare raddoppierà. Le ragazze sono tutte dello Stato dell’Equatoria Occidentale – uno dei dieci stati di questo immenso paese – e mentre in altre zone le preoccupazioni, anche dei più giovani, sono concentrate sulla mera sopravvivenza, qui non pensano che al loro futuro di studentesse e ai loro sogni sulle professioni che seguiranno. Sono tutte molto ambiziose.



A Maridi nel corso delle ultime settimane si è registrato un marcato afflusso di sfollati, in particolare in fuga dalla capitale Juba, ma si tratta soprattutto di gente nata qui, ed è stata riaccolta dalla comunità di origine. Le autorità sono preoccupate dall’aumento di bocche che il mercato deve sfamare e di pazienti spesso senza risorse che l’ospedale deve curare, ma rispetto alle sfide che affrontano altre parti del paese, qui pare di essere in un piccolo eden, in un paese diverso dal Sud Sudan visto solo pochi giorni fa.

Tommy Simmons, Direttore AMREF Italia

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lunedì 27 gennaio 2014

Sud Sudan: ecco perché, oggi più che mai, vogliamo esserci

In Sud Sudan la guerra civile ha già provocato, da dicembre a oggi, mezzo milione di sfollati e migliaia di feriti. AMREF sta intervenendo negli ospedali di Wau, Kwajok, Rumbek e Juba Teaching Hospital. L'appello del Direttore di AMREF Italia.

Il Sud Sudan è nato, come nazione, dalle macerie di un pluridecennale conflitto con il nord del paese. Nel corso di vent'anni di guerra tutte le sue infrastrutture sono andate distrutte, i tassi di malattia e di mortalità sono cresciuti esponenzialmente e vi è stata una quasi totale assenza di scolarizzazione ad ogni livello. Lavoriamo a fianco della popolazione civile del Sud Sudan sin dal 1998, formando il personale sanitario essenziale per la tutela della salute della popolazione e per la costruzione del suo futuro. Abbiamo formato gran parte del personale che oggi, intensamente e quotidianamente, sta lavorando a fianco dei civili vittime e in fuga dalla violenza e, non appena le condizioni lo permetteranno, riprenderemo in mano questo essenziale percorso di costruzione del futuro. Oggi desideriamo essere al fianco del Sud Sudan per lenire l'impatto dell'emergenza. Negli ospedali del paese giacciono migliaia di feriti bisognosi di cure ma mancano il personale specializzato, gli strumenti e i farmaci necessari per curarli. Il nostro servizio dei Flying Doctors ha identificato gli ospedali dove l'emergenza è maggiore e sta reperendo, nei paesi limitrofi, i medici, i chirurghi, le infermiere, i materiali necessari ad intervenire. Dall'Italia lanciamo un appello alla solidarietà per reperire i fondi per finanziare questa urgente ed essenziale iniziativa umanitaria, che non può essere in alcun modo posticipata.

Tommy Simmons, Direttore AMREF Italia

Per aderire all'appello:
 C/C POSTALE 350 23 001 - BONIFICO IBAN IT19 H01030 03202 000001007932
Intestato ad AMREF Italia onlus, causale "Emergenza Sud Sudan"
Donazioni online con carte di credito circuito VISA e Mastercard - Paypal su www.amref.it

mercoledì 8 gennaio 2014

Nuovi punti di vista

Tra settembre e novembre 2012, Concita De Gregorio, Elasti, Clara Sereni , Paola Soriga e Chiara Valerio hanno viaggiato con AMREF nei villaggi, tra le comunità di Kenya, Tanzania, Uganda ed Etiopia, entrando in relazione con tradizioni, storie, passioni, paure e speranze. Hanno incontrato le donne che in Africa vivono e lavorano: madri e nonne nella quotidiana sfida per la sopravvivenza; studentesse determinate e piene di aspettative; ex bambine soldato; infermiere e ostetriche che percorrono chilometri per portare informazione e cure sanitarie nei villaggi remoti; piccole imprenditrici che conducono microimprese negli slum di città tentacolari. I loro racconti sono diventati un libro che AMREF ha distribuito gratuitamente il 13 dicembre 2013 in allegato al Venerdì di Repubblica. 

 Elasti a Kampala, Uganda

Ma dopo il punto di vista femminile sulle donne d'Africa e sul contesto in cui vivono, qualcosa ancora mancava: una chiave di lettura diversa, una prospettiva inedita, un punto di vista maschile. Per questo AMREF nel 2013 ha invitato tre scrittori a ripercorrere quelle stesse strade, per poi narrarne in altrettanti nuovi racconti. Il Senegal è stato la "prima Africa" per Paolo Nori nel mese di agosto; Claudio Rossi Marcelli è stato in Kenya in settembre e Giobbe Covatta, storico testimonial di AMREF, ha visitato il Mozambico nel mese di ottobre. I racconti nati dopo questi viaggi sono stati letti dagli stessi autori, sempre su Radio3, dal 24 al 26 dicembre 2013. 

 Claudio Rossi Marcelli a Mboni, Kenya

Ecco dove riascoltare tutti i racconti

lunedì 7 ottobre 2013

Vivi o morti

Le istruzioni dicono: viaggiare leggeri. Così nella piccola borsa trova posto la sintesi di una vita: le foto di chi si ama ma si lascia indietro, un documento d’identità nella plastica, pochi indumenti, qualche soldo – se ne sono rimasti dopo aver pagato chi ti ha “aiutato” a fuggire.
Nel cuore, il bagaglio più pesante: la paura di non arrivare, la nostalgia della famiglia, la sfida che si ha davanti, l’incognita. Le notizie che arrivano da chi ce l’ha fatta non sono confortanti: condizioni di vita estreme, poco lavoro, molto sfruttamento, maltrattamenti, apartheid. Ma finché non ci sei non lo sai sulla tua pelle e pensi sia meglio rischiare:  la vita nella terra che lasci vale così poco. Ecco, si parte: c’è una certa eccitazione, si guarda avanti, verso una meta sognata seppur temuta.  E qualcuno arriva: noi li guardiamo nei tuguri dove vivono – case diroccate, capannoni abbandonati, senza acqua né luce, e in fondo, diciamocelo, pensiamo che siano abituati così, che non soffrano, che comunque è molto di più di quello che avevano. Pensiamo che per loro la vita abbia meno significato della nostra, che la fatica sia molto meno spossante, che il loro destino sia scritto a caratteri evanescenti.
E per chi non arriva alla meta ci commuoviamo, molto se si tratta di numeri a due cifre, molto di più se le cifre sono tre, meno per le unità come se non fossero persone. Con una madre e un padre che li hanno salutati in lacrime e hanno pregato per loro; o una moglie che ha detto ai figli che papà è andato a lavorare in un’altra terra ma torna.
A volte sono bambini e donne che raggiungono quei papà perché stare lontani non ce la fanno più e lì potranno andare a scuola. E curarsi quando hanno la diarrea.
Piango per questi nuovi morti ma molto più per noi vivi che non sappiamo più contare.

Paola Ferrara, Direttore della Comunicazione, AMREF Italia

lunedì 16 settembre 2013

Teranga e gratitudine

Il diario di viaggio di Paola Ferrara, con lo scrittore Paolo Nori in Senegal, fa tappa a Ounaré, un piccolo villaggio dove vivono donne come Aminata e sua figlia Aissata... 
(Le "puntate" precedenti nei post del 4 e del 10 settembre).

Alle 10 siamo a Ounaré, piccolo villaggio della regione di Matam dove vivono Aminata Sy e Guisé che ci aprono la casa e le braccia. Lei, Aminata, è felice di riceverci, lo dice più volte e scaccia i bambini che numerosi si sono accalcati alla porta, inseguendoci lungo la strada. Lasciamo le scarpe sulla soglia, ci sediamo sui tappeti che coprono terra, che è il pavimento della casa, nella stanza c’è un vecchio apparecchio televisivo spento e dei materassi impilati su un lato. Deve essere la camera dove dormono. Siamo dai genitori di Aissata, una ragazza di 19 anni che a febbraio scorso è stata operata di fistola vaginale. Paolo mi chiede cosa sia. Glielo dico, e gli dico anche che qui in Africa le donne con fistola sono soggette a stigma e vengono isolate, oppure cacciate di casa.  Essere incontinenti e non più fertili a 20 anni non è compreso, pensano siano infette, malate, maledette.

Aissata aveva partorito una bimba a 16 anni, travaglio lungo, difficile. Aveva poi nascosto ai genitori la sua sofferenza, il marito l’aveva abbandonata e lei viveva in silenzio con la sua bambina. Da 3 anni. 

Facciamo delle domande – come hanno vissuto loro la malattia della figlia, cosa pensavano di fare, se la loro esperienza servirà ad altre donne. Risponde soprattutto lui. Non si erano accorti di nulla, Aissata non parlava quasi più, vedevano solo la sua infelicità. Poi, un giorno, Aminata riceve una telefonata dall’ospedale di Ourossogui, prende un autobus e va in città. In ospedale c’è la figlia con un’amica e sta per subire un intervento chirurgico. Torna a casa, ad accudire la famiglia. Dopo tre giorni rientra pure la ragazza.

Aissata
E’ che un giorno Aissata aveva partecipato ad un incontro, parlava uno di AMREF, un’organizzazione che si occupa della salute delle persone, le avevano detto. Bachir era molto giovane, spiegava bene come prendersi cura della propria igiene, come usare l’acqua e anche cose più intime. Aveva parlato delle gravidanze, spiegando come fosse importante rivolgersi ai centri di salute e alle ostetriche o altri operatori formati, per avere assistenza durante il parto e anche prima.

Parlare con Bachir dopo l’incontro era stato difficile, per l’imbarazzo ma Aissata era riuscita a capire e aveva chiesto aiuto. Fatti alcuni esami, arriva il giorno dell’intervento. E Aissata recupera la sua vita, ricomincia a fare piani per il futuro. Oggi Bachir è per lei una persona cara e l’incontro con AMREF per questa famiglia è stata una palingenesi.

Aminata ci guarda e si vede che è felice.  Le chiediamo se, avendo capito cosa è la fistola, e come è possibile curarla, ma soprattutto prevenirla, se insomma ne parla, se ha raccontato tutto alle altre donne, se la sua esperienza aiuterà altre ragazze, mamme a non soffrire più per questo. Dice che naturalmente si, che ora nel villaggio sono tutti informati e che quando ci sono dei casi simili chiamano Bachir di AMREF.

Aminata con una figlia e la nipote

Esce dalla stanza e ritorna con un piatto di latta, l’odore di cipolle e uova invade subito l’ambiente.  Sono solo le 11 ma come dire di no? E dice che se avesse saputo prima del nostro arrivo avrebbe preparato una capra….


Paola Ferrara, Direttore della Comunicazione, AMREF Italia

martedì 10 settembre 2013

Arrivo

Seconda puntata del diario di viaggio di Paola Ferrara, Direttore della Comunicazione di AMREF Italia, con Paolo Nori in Senegal, per raccontare l'Africa delle donne da un punto di vista maschile (la prima parte nel post del 4 settembre).



Ero più curiosa di osservare i primi passi di Paolo in Africa che di trovarmi io per la prima volta in questo paese. L’aeroporto alle 3 del mattino è già (o ancora?) vivace, gente che cammina, ti chiede se hai un hotel e un mezzo di trasporto, macchine in sosta e in movimento dovunque, carrelli con enormi valigie ferme sui marciapiedi. Su un cartello il mio nome mi fa riconoscere Mamadou, nostro nuovo compagno di viaggio. Senegalese, da un anno alle dipendenze di AMREF, Mamadou è premuroso e attento. Data l’ora, pochi convenevoli e subito in albergo per qualche ora di riposo prima del lungo viaggio verso nord. E Paolo? Troppa stanchezza per esprimere prime reazioni, se ne parla domani.

Col sole
Eccola Dakar in pieno giorno: affollata, caotica, calda. Usciamo subito dalla città: Mamadou ci parla delle nuove infrastrutture in costruzione – piccoli tratti di autostrada, davvero pochi chilometri – e delle arachidi, principale coltura nazionale. Si corre verso Kanel, a più di 500 chilometri, quasi tutti su strade sconnesse. Alle 2 del pomeriggio arriviamo a Mbacke, nei pressi di Touba, la città santa del mouridismo; lì ci aspetta Bara, un medico di AMREF, altro compagno di viaggio. Il team è al completo ma prima di riprendere la strada,  Bara ci ospita in casa per un pranzo con la famiglia. Prime avvisaglie della “teranga” senegalese e quando esprimo la mia sorpresa e l’emozione per una simile accoglienza ridendo dicono: “Non conoscevi l’ospitalità di questo paese? E’ nota in Africa”. Penso a quando si diceva la stessa cosa dell’Italia, e in particolare del sud, da dove vengo.  Il viaggio riprende, per concludersi a fine giornata a Ourossogui, nella regione di Matam. Buona prima notte quaggiù.



Paola Ferrara, Direttore della Comunicazione, AMREF Italia